Il referendum non è una scelta individuale, come quando uno va al mercato e compera il prodotto che più gli piace unicamente per sé, senza con questo conculcare la volontà di nessuno, ma anzi lasciando a ciascun altro la facoltà di esprimere scelte diverse, sempre e soltanto per sé. Al contrario, è l’imposizione a una minoranza (o presunta tale) d’una scelta fatta a colpi di maggioranza (o presunta tale). E’ la quintessenza di quella democrazia che qui a buon diritto viene messa alla gogna come un re nudo: tranne poi riaccettarne surrettiziamente l’ideologia proponendo il ricorso ai suoi dispositivi istituzionali più discutibili per un fine che, a torto o a ragione, si ritiene nobile e suscettibile di sviluppi libertari. Si è soliti deprecare i plebisciti ottocenteschi usati per confermare in modo truffaldino, tramite maggioranze manipolate (rileggere il “Gattopardo”!) fatte passare come volontà del popolo, le annessioni sabaude; ma poi si vorrebbe legittimare ogni velleità secessionistica d’oggi attraverso referendum addirittura senza “quorum”: magari sostenendo che chi si astiene dal voto delega implicitamente i votanti a esprimersi anche a suo nome. Ma questo è un ragionamento capzioso, del tutto simile a quello di chi giustifica l’oppressione dello Stato in nome di un presunto “contratto sociale” che nessuno ha mai sottoscritto. Come il contratto, anche la delega non può mai essere implicita, ma deve esplicitamente conferirsi da ogni delegante a ogni delegato. Altrimenti è un giocare con le parole. Sarebbe più onesto dire: visto che la democrazia è considerata sacra, serviamocene in modo machiavellico per ritorcerla contro i grandi “Stati democratici”, esigendo che democraticamente consentano ai secessionisti di ricorrere al democraticissimo referendum, strumento insuperato di democrazia diretta; e dopo aver avuto via libera usiamo tutti gli espedienti per ottenere in ogni modo una maggioranza formale a favore della secessione. Libertarismo machiavellico? Penso che, più che un ossimoro, sia una “contradictio in adiecto”. Sarebbe invece conforme ai principi libertari consentire a ciascun individuo di scegliersi per sé, e solo per sé, la patria, o le patrie, che vuole, con la facoltà di cambiarla, o cambiarle, quando e come vuole. Se non ci liberiamo dal territorialismo, difficilmente riusciremo a liberarci dallo Stato. Bisogna essere davvero estremisti, disfarsi anche dell’ultimo, tenacissimo mito, stracciare i vecchi paradigmi e proporne di totalmente nuovi.
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